LE MIE TRADUZIONI
TRADUZIONE LEGALE
Sentencia |
Sentenza |
sul ricorso proposto da:
MUTO FRANCESCO nato il 13/05/1940 a COSENZA avverso l'ordinanza del 08/06/2017 del TRIBUNALE RIESAME DI CATANZARO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere PIERO MESSINI D'AGOSTINI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale DELIA CARDIA, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 4/9/2017 il Tribunale di Catanzaro rigettava la richiesta di riesame proposta avverso il decreto di sequestro conservativo emesso in data 22/5/2017 dal G.u.p. dello stesso Tribunale, avente ad oggetto la somma di 68.756,68 euro, portata da un vaglio cambiario intestato a Francesco Muto, imputato quale promotore di un'associazione di stampo mafioso pluriaggravata e di vari reati-satellite. 2. Propone ricorso Francesco Muto, a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza. Il ricorrente deduce l'inosservanza della legge processuale, in relazione agli artt. 316, 317 e 535 cod. proc. pen. Con un primo motivo la difesa sostiene che il G.u.p. non avrebbe alcuna competenza ad emettere il decreto di sequestro conservativo, non essendo l'udienza preliminare una fase di merito del processo. In ogni caso il fumus non sarebbe rinvenibile nella sola richiesta di rinvio a giudizio né nella decisione cautelare: sul punto l'ordinanza è priva di motivazione. Con un secondo motivo il ricorrente rileva che le spese di giustizia sino ad ora quantificate ammontano a circa 324.000 euro e che, stante il numero degli imputati (80) ed in assenza del vincolo di solidarietà, il debito di Francesco Muto, non destinatario di alcun provvedimento di sequestro, è quantificabile in appena 4.000 euro. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Con il ricorso in esame la difesa ha riproposto pedissequamente le medesime argomentazioni già presentate in sede di riesame, integrandole con due brevi osservazioni relative alle valutazioni svolte dal Tribunale, circostanza quest'ultima che rende ammissibile l'impugnazione. Tuttavia, i motivi proposti con il ricorso sono entrambi infondati. 2. Secondo l'orientamento della prevalente giurisprudenza, condiviso dal Collegio, è legittimo il sequestro conservativo adottato dopo la richiesta di rinvio a giudizio e prima dell'udienza preliminare, in quanto con detta richiesta si conclude la fase delle indagini preliminari e si instaura il rapporto processuale tra le parti (Sez. 6, n. 2425 del 01/07/1998, Argirò, Rv. 211716; Sez. 5, n. 1506 del 26/03/1997, Di Pietro, Rv. 207398; Sez. 6, n. 995 del 05/03/1996, Acerra, Rv. 205442; Sez. 5, n. 886 del 16/02/1994, Mendella, Rv. 197290; contra Sez. 6, n. 426 del 05/02/1998, Capestrani, Rv. 210275). Detto principio, peraltro, è implicitamente avallato dalla più recente e costante giurisprudenza, secondo la quale non è proponibile in sede di riesame del provvedimento che dispone il sequestro conservativo la questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti, qualora sia intervenuto il decreto che dispone il rinvio a giudizio del soggetto interessato, che implica - a differenza della ipotesi del decreto di citazione diretta a giudizio - una preventiva verifica giurisdizionale sulla fondatezza dell'azione penale esercitata (Sez. 2, n. 52255 del 28/10/2016, Olisterno, Rv. 268733; Sez. 3, n. 13509 del 10/02/2016, Zecconi, Rv. 266762; Sez. 5, n. 51147 del 02/10/2014, Figari, Rv. 261906; Sez. 5, n. 26588 del 09/04/2014, Miserocchi, Rv. 260569). È evidente, infatti, con argumentum a contrario, che detto principio ha ragione di essere in quanto si ipotizzi l'adozione del provvedimento di sequestro prima della conclusione dell'udienza preliminare: in questo caso, tuttavia, il giudice dovrà valutare l'esistenza anche del requisito del fumus boni iuris, non essendo sufficiente - come erroneamente ritenuto dal G.i.p. - la pendenza del procedimento penale. [...] P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 18/12/2017. Il Consigliere estensore Piero Messini D'Agostini |
sobre el recurso interpuesto por:
MUTO FRANCESCO nacido el 13/05/1940 en COSENZA contra la ordenanza judicial de 08/06/2017 del TRIBUNAL DE REVISIÓN DE CATANZARO vistos los documentos, la resolución impugnada y el recurso; habiendo escuchado el informe del ponente PIERO MESSINI D'AGOSTINI; previa audiencia al Ministerio Fiscal, en la persona del Fiscal General del Estado DELIA CARDIA, que ha concluido que el recurso es inadmisible. ANTECEDENTES DE HECHO 1. Mediante ordenanza judicial de 9/4/2017, el Juzgado de Catanzaro rechazó la solicitud de revisión propuesta contra el decreto de embargo conservatorio emitido el 22/5/2017 por el Juez de la Audiencia Preliminar del mismo Juzgado, por la cantidad de 68.756,68 euros, interpuesto por pagaré a nombre de Francesco Muto, acusado como promotor de una asociación mafiosa con múltiples agravios y diversos delitos accesorios. 2. Francesco Muto apela, a través de su propio abogado, solicitando la nulidad de la ordenanza judicial. EL recurrente alega el incumplimiento de la Ley procesal, en relación con los artículos 316, 317 y 535 del Código Procesal Penal. Con un primer motivo, la defensa sostiene que el Juez de la Audiencia Preliminar no tendría ninguna competencia para emitir el decreto de embargo conservatorio, no siendo la audiencia preliminar una fase de los méritos del proceso. En cualquier caso, la apariencia delictiva no se encontraría solo en la solicitud del auto de procesamiento, ni en la decisión de tomar medidas cautelares; en este punto la ordenanza judicial carece de motivación. Con un segundo motivo, el recurrente señala que las costas procesales hasta ahora cuantificadas ascienden a unos 324.000 euros y eso, dado el número de imputados (80) y a falta del vínculo solidario, la deuda de Francesco Muto, el cual no es destinatario de ningún embargo judicial, se puede cuantificar en solo 4.000 euros. FUNDAMENTOS DE DERECHO 1. Con este recurso, la defensa volvió a plantear literalmente los mismos argumentos ya presentados durante la revisión, completándolos con dos breves observaciones relativas a las apreciaciones efectuadas ante el Tribunal, circunstancia que hace admisible el recurso. Sin embargo, los dos motivos expuestos en el recurso carecen de fundamento. 2. De acuerdo con la orientación de la jurisprudencia imperante, compartida por el Tribunal, es legítimo el embargo conservatorio adoptado tras el auto de procesamiento y antes de la audiencia preliminar, ya que con esta solicitud se concluye la fase de las diligencias de investigación y la relación procesal entre las partes. (Sección 6, n° 2425 de 01/07/1998, Argirò, Rv. 211716; Sección 5, n° 1506 de 26/03/1997, Di Pietro, Rv. 207398; Sección 6, n. 995 de 05/03 / 1996, Acerra, Rv.205442; Sección 5, n° 886 de 16/02/1994, Mendella, Rv. 197290; contra Sección 6, n° 426 de 05/02/1998, Capestrani, Rv. 210275). Sin embargo, este principio está implícitamente avalado por la jurisprudencia más reciente y constante, según la cual no puede proponerse en sede de revisión de la resolución, que prevé el embargo conservatorio, la cuestión relativa a la existencia del fumus commissi delicti en el caso de que haya intervenido el decreto que dispone el auto de procesamiento del interesado, que implica -a diferencia de la hipótesis del proceso por aceptación de decreto- una verificación judicial previa sobre el fundamento de la acción penal ejercida (Art. 2, n°. 52255 de 28/10/2016, Olisterno, Rv. 268733; Sección 3, n° 13509 de 02/10/2016, Zecconi, Rv.266762; Sección 5, n° 51147 de 10/02/2014, Figari, Rv. 261906; Sección 5, n° 26588 de 09/04/2014, Miserocchi, Rv.260569). Es evidente, de hecho, con argumentum ad contrario, que este principio tiene razón de existir en caso de que se suponga la adopción de la resolución de embargo antes de la conclusión de la audiencia preliminar; en este caso, sin embargo, el juez deberá evaluar la existencia también del requisito de fumus boni iuris, no siendo suficiente -como erróneamente creyó el Juez de la Audiencia Preliminar- el proceso penal pendiente. [...] FALLO Rechaza el recurso y ordena al recurrente que pague las costas procesales. Así se ha decidido el 18/12/2017. El ponente Piero Messini D'Agostini |
TRADUZIONE LETTERARIA
La speculazione edilizia di Italo CalvinoAlzare gli occhi dal libro (leggeva sempre, in treno) e ritrovare pezzo per pezzo il paesaggio – il muro, il fico, la noria, le canne, la scogliera – le cose viste da sempre di cui soltanto ora, per esserne stato lontano, s’accorgeva: questo era il modo in cui tutte le volte che vi tornava, Quinto riprendeva contatto col suo paese, la Riviera. Ma siccome da anni durava questa storia, della sua lontananza e dei suoi ritorni sporadici, che gusto c’era? sapeva già tutto a memoria: eppure, continuava a cercare di far nuove scoperte, così di scappata, un occhio sul libro l’altro fuori dal finestrino, ed era ormai soltanto una verifica di osservazioni, sempre le stesse. Però ogni volta c’era qualcosa che gli interrompeva il piacere di quest’esercizio e lo faceva tornare alle righe del libro, un fastidio che non sapeva bene neanche lui. Erano le case: tutti questi nuovi fabbricati che tiravano su, casamenti cittadini di sei otto piani, a biancheggiare massicci come barriere di rincalzo al franante digradare della costa, affacciando più finestre e balconi che potevano verso mare. La febbre del cemento s’era impadronita della Riviera: là vedevi il palazzo già abitato, con le cassette dei gerani tutti uguali ai balconi, qua il caseggiato appena finito, coi vetri segnati da serpenti di gesso, che attendeva le famigliole lombarde smaniose dei bagni; più in là ancora un castello d’impalcature e, sotto, la betoniera che gira e il cartello dell’agenzia per l’acquisto dei locali. Nelle cittadine in salita, a ripiani, gli edifici nuovi facevano a chi monta sulle spalle dell’altro, e in mezzo i padroni delle case vecchie allungavano il collo nei soprelevamenti. A ***, la città di Quinto, un tempo circondata da giardini ombrosi d’eucalipti e magnolie dove tra siepe e siepe vecchi colonnelli inglesi e anziane miss si prestavano edizioni Tauchnitz e annaffiatoi, ora le scavatrici ribaltavano il terreno fatto morbido dalle foglie marcite o granuloso dalle ghiaie dei vialetti, e il piccone diroccava le villette a due piani, e la scure abbatteva in uno scroscio cartaceo i ventagli delle palme Washingtonia, dal cielo dove si sarebbero affacciate le future soleggiate-tricamere-servizi.
Quando Quinto saliva alla sua villa, un tempo dominante la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e il porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra gli orti s’infittiva l’oliveto, e, a levante, un reame di ville e alberghi verdi come un bosco, sotto il dosso brullo dei campi di garofani scintillanti di serre fino al Capo: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno sopra l’altro. [...] |
La especulación inmobiliaria de Italo CalvinoLevantar la mirada del libro (leía siempre en el tren) y redescubrir poco a poco el paisaje – el muro, la higuera, la noria, las cañas, la escollera – cosas ya conocidas, pero de los cuales se daba cuenta en este momento, por haber estado lejos (de allí): esta era la razón por lo que todas las veces que volvía, Quinto retomaba contacto con su pueblo, La Riviera. La historia de su ausencia y de sus regresos ocasionales seguía hace años, ¿dónde está la diversión en esto? Conocía todo de memoria, pero seguía intentando hacer nuevos descubrimientos, de refilón, mirando con un ojo al libro y otro fuera de la ventanilla. Se trataba solo de comprobar sus observaciones, siempre las mismas.
Cada vez había algo que interrumpía el placer de este ejercicio y por eso volvía a las líneas del libro, era una molestia desconocida. Eran las casas: levantaban todos estos nuevos edificios, bloques ciudadanos de seis u ocho plantas, sólidos que blanquean como barreras de apoyo contra la costa que desciende desmoronando, abriendo mayor número de ventanas y balcones que podían hacia el mar. La fiebre del cemento se había apoderado de La Riviera. Por un lado, veías el edificio ya poblado, con maceteros de geranios iguales en todos los balcones, por otro lado, el bloque ya terminado, con los cristales señalados de serpientes de yeso, que esperaba a las familias lombardas deseosas de baños; por allá se veía un grupo de andamios y, abajo, la hormigonera que daba vueltas y el letrero de la agencia para la compra de los apartamentos. En los pueblecitos colinares, por pisos, los edificios nuevos jugaban a caballito, en el medio, los dueños de las viejas casas estiraban el cuello en las sobrelevaciones. En ***, el pueblo de Quinto, entonces rodeada por jardines sombrosos de eucaliptos y magnolias donde, entre setos, viejos coroneles ingleses y viejas señoritas se prestaban ediciones Tauchnitz y regaderas, ahora las excavadoras removían el terreno que se ha ablandado con las hojas podridas o granuloso de las gravas de los callejones. Ahora el pico derribaba las casas de dos pisos y el hacha cortaba con un sonido parecido al papel las hojas de las palmeras Washingtonia, del cielo donde se asomarían los futuros apartamentos soleados de tres habitaciones con servicios. Cuando Quinto subía a su villa, que anteriormente dominaba la explanada de tejados de la ciudad nueva y de los barrios bajos de la marina y el puerto, había por aquí un montón de casas enmohecidas y llenas de liquen de la ciudad vieja, entre la vertiente occidental de la colina donde sobre los huertos el olivar espesaba y en la otra vertiente, un grupejo de villas y hoteles verdes como un bosque, bajo la cima los badenes áridos de los campos de claveles luminosos de los invernaderos hasta el Cabo. Ahora nada más, veía solo una superposición geométrica de paralelepípedos y poliedros, esquinas y lados de las casa, por todas partes, tejados, ventanas, muros cerrados para la servidumbre medianería de servidumbre con solo las ventanillas esmerilados de los servicios uno sobre el otro. [...] |
La tesis de Nancy de Ramón J. Sender |
La tesi di Nancy di Ramón J. Sender |
NANCY DESCUBRE SEVILLA
Dearest Betsy : Voy a escribir mis impresiones escalonadas en diferentes días aprovechando los ratos libres. Como sabes, he venido a estudiar a la Universidad de Sevilla. Pero vivo en Alcalá de Guadaira, a diez millas de la ciudad. La señora Dawson, de Edimburgo, que tiene coche y está en la misma casa que yo, me lleva cada día a la ciudad. Suerte que tengo, ¿verdad? Siempre he tenido suerte. ¿Qué decirte de la gente española? En general, encuentro a las mujeres bonitas e inteligentes, aunque un poco..., no sé cómo decirte. Yo diría afeminadas. Los hombres, en cambio, están muy bien, pero a veces hablan solos por la calle cuando ven a una mujer joven. Ayer pasó uno a mi lado y dijo: —Canela. Yo me volví a mirar, y él añadió: —Canelita en rama. Creo que se refería al color de mi pelo. En Alcalá de Guadaira hay cafés, iglesias, tiendas de flores, como en una aldea grande americana, aunque con más personalidad, por la herencia árabe. Al pie de mi hotel hay un café con mesas en la acera que se llama La Mezquita. En cuanto me siento se acercan unos vendedores muy raros —algunos ciegos—, con tiras de papel numeradas. Dicen que es lotería. Me ofrecen un trozo de papel por diez pesetas y me dicen que si sale un número que está allí impreso, me darán diez mil. Yo le pregunté al primer vendedor que se me acercó si es que tenía él tanto dinero, y entonces aquel hombre tan mal vestido se rió y me dijo: «Yo, no. El dinero lo da el Gobierno.» Entonces resulta que todos esos hombres (y hay millares en Sevilla) son empleados del Gobierno. Pero parecen muy pobres. ¿Sabes, Betsy querida? No hay gorilas en España. Cosa de veras inexplicable. No sé cómo han hecho su guerra de gorilas en el pasado por la cual son famosos los españoles en la historia desde el tiempo de los romanos. Tengo que preguntar en la Universidad esta tarde. Aunque me molesta hacer ciertas preguntas, porque hay gente a quien no le gusta contestar. Ayer me presentaron a dos muchachos en la calle de las Sierpes, y yo, que llevaba mis libros debajo del brazo y andaba con problemas de gramática, pregunté al más viejo «Por favor, ¿cómo es el imperfecto de subjuntivo del verbo airear?» El chico se puso colorado y cambió de tema. ¿Por qué se puso colorado? Me suceden cosas raras con demasiada frecuencia. Y no se puede decir que los hombres sean descorteses, no. Al contrario, se preocupan del color de mi pelo y hasta de mi salud. En la puerta del café hay siempre gente joven, y cuando vuelvo a casa veo que alguno me mira y dice «Está buena.» Yo no puedo menos de agradecerles con una sonrisa su preocupación por mi salud. Son muy amables, pero no los entiendo. A veces se ruborizan sin motivo. O se ponen pálidos. Sobre todo cuando les pregunto cosas de gramática. De veras, a veces no entiendo las reacciones de la gente. Verás lo que me pasó en el examen de literatura clásica. Estaba sentada frente a tres profesores ya maduros, con su toga y un gorro hexagonal negro —el gorro no en la cabeza, sino en la mesa—. Y uno de ellos se puso a hacerme preguntas sobre el teatro del siglo XVII. Tú sabes que en eso estoy fuerte. Bueno, voy a decirte exactamente lo que preguntó y lo que contesté, y tú me dirás si hay algo que justifique los hechos. El profesor me dijo: —¿Puede usted señalar algún tipo característico del teatro de capa y espada? —El gracioso—dije. —Bien. Otro. —La dueña. —Otro, señorita. —El cornudo. Y los tres profesores, que eran calvos, se pusieron terriblemente rojos, hasta la calva, hasta las orejas. Yo miré disimuladamente a ver si mi vestido estaba en desorden, y luego a mi alrededor por si había sucedido algo inesperado; pero todo era normal. |
NANCY SCOPRE SIVIGLIA
Dearest Betsy: ti scriverò le mie impressioni scaglionate in diversi giorni approfittando dei momento liberi. Come sai, sono venuta a studiare all’Università di Siviglia, ma vivo ad Alcalà de Guadaira, a dieci miglia dalla città. La signora Dawson, di Edimburgo, che ha la macchina e sta nella mia stessa casa, mi porta ogni giorno in città. Che fortuna che ho, vero? Ho sempre avuto fortuna. Che posso dirti degli spagnoli? Generalmente, le donne mi sembrano belle e intelligenti, anche se un po’…, non so come spiegartelo. Direi effeminate. Gli uomini, invece, vanno bene, però talvolta parlano da soli per strada quando vedono una giovane donna. Ieri mi è passato uno di fianco e mi ha detto: --Dolcezza. Io mi sono girata a guardarlo e lui aggiunse: --Dolcezza al caramello. Credo che si riferisse al mio colore dei capelli. Ad Alcalà de Guadaira ci sono bar, chiese, fiorai, come in un grande villaggio americano, ma con più personalità, grazie all’eredità araba. All’ingresso del mio hotel c’è un bar con i tavoli sul marciapiede che si chiama La Mezquita. Appena mi sono seduta, si sono avvicinati alcuni venditori molto strani, alcuni ciechi, con strisce di carta numerate. Dicono che sia la lotteria. Mi offrono un pezzo di carta per dieci peseta e mi dicono che se esce un numero che è lì stampato, me ne daranno diecimila. Ho chiesto al primo venditore che si avvicinò se avesse tutti questi soldi, e allora quell’uomo così vestito male rise e mi disse: “Io, no. I soldi li dà il Governo.” Allora significa che tutti gli uomini (e ce ne sono un migliaio a Siviglia) lavorano al Governo. Però, sembrano molto poveri. Sai che ti dico, cara Betsy? Non ci sono gorilla in Spagna. Qualcosa di stranissimo. Non so come abbiano fatto la guerra dei gorilla nel passato per cui gli spagnoli sono famosi nella storia sin dai tempi dei romani. Devo chiedere in Università questo pomeriggio. Anche se mi dà fastidio fare certe domande, perché c’è gente a cui non piace rispondere. Ieri mi hanno presentato due ragazzi in calle de las Sierpes, e io, che portavo i libri sotto il braccio ed ero alle prese con problemi di grammatica, chiesi al più grande “Mi scusi, qual è il congiuntivo imperfetto del verbo airear?” Il ragazzo arrossì e cambiò argomento. Perché è arrossito? Mi succedono cose strane troppo frequentemente. E non si può dire che gli uomini siano scortesi, no. Al contrario, si preoccupano del colore dei miei capelli e perfino della mia salute. Davanti il bar ci sono sempre giovani, e quando rincaso noto che qualcuno mi guarda e mi dice “Stai messa bene.” Non posso far altro che ringraziarli con un sorriso per essersi preoccupati della mia salute. Sono molto gentili, però non li capisco. Avvolte arrossiscono senza un motivo. O impallidiscono. Soprattutto, quando chiedo cose di grammatica. Davvero, a volte non capisco la reazione delle persone. Vedrai cosa mi è successo all’esame di letteratura classica. Ero seduta di fronte a tre professori di tutto rispetto, con la toga e il cappello esagonale nero – il capello non era sulla testa, ma sul tavolo-. E uno di loro iniziò a farmi domande sul teatro del XVII secolo. Tu lo sai che è il mio forte. Bene, ti dirò esattamente ciò che mi ha chiesto e ciò che ho risposto, e mi dirai se c’è qualcosa che giustifichi i fatti. Il professore mi disse: --Può indicare qualche tratto caratteristico del teatro di cappa e spada? --Il buffone, dissi. --Bene. Un altro. —La padrona. --Un altro, signorina. --Il cornuto. E i tre professori, che erano calvi, sono arrossiti tantissimo, fino alla pelata, fino alle orecchie. Controllai di nascosto se il mio vestito fosse in disordine, e dopo attorno a me nel caso fosse successo qualcosa di strano, però era tutto normale. |