LE MIE TRADUZIONI
TRADUZIONE MEDICA
Statine e riduzione dell’incidenza di stroke: modificazione della parete vascolare |
Statins and reduction of the stroke’s impact incidence:modification of the vascular wall |
Molti trial hanno studiato gli effetti delle statine sull’aterosclerosi carotidea. L’Asymptomatic Carotid Artery Progression Study ha usato l’ecografia bidimensionale per dimostrare il rallentamento della progressione o addirittura la regressione dell’ispessimento medio-intimale carotideo, in soggetti di entrambi i sessi, trattati per almeno tre anni con lovastatina. Analogamente, il Pravastatin Lipids and Atherosclerosis in the Carotids ha riportato una riduzione del 35% nello spessore medio-intimale carotideo. L’aorta ascendente e l’arco aortico sono una frequente sede di origine embolica nei pazienti con stroke. Dressler et al. hanno evidenziato placche aterosclerotiche ulcerate in aorta nel 61% dei pazienti con stroke da causa ignota, contro il 22% di soggetti con infarto cerebrale da causa nota. L’influenza della terapia con statine sull’aterosclerosi aortica non è stata ancora studiata in modo approfondito. Tuttavia, studi con ecografia transesofagea hanno dimostrato una riduzione dell’aterosclerosi aortica nei pazienti con ipercolesterolemia familiare trattati con pravastatina dopo due anni di terapia.
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Many clinical trials have studied the effects on the atherosclerosis carotid’s statins. The Asymptomatic Carotid Artery Progression Study used the bidimensional ultrasound to demonstrate the slowdown of the progression or even the regression of carotid intima-media thickness thickening, in subjects of both sexes, treated with lovastatin for at least three years. Similarly, the Pravastatin Lipids and Atherosclerosis in the Carotids reported a reduction by 35% in the carotid intima-media thickness. The ascending aorta and the aortic arch are a frequent location sources of embolic origin in patients affected by stroke. Dressler et al. observed ulcerated atherosclerosis plaques in the aorta in 61% of patients affected by stroke of unknown cause, against 22% of subjects with cerebral infarction of known cause. The impact of statins therapy over aortic atherosclerosis is yet to be studied thoroughly. However, studies with transesophageal echocardiography demonstrated a reduction of the aortic atherosclerosis in patients with familial hypercholesterolemia treated with pravastatin after two years of therapy.
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La cardiopatia ischemica: ischemia e infarto del cuore |
Ischemic heart disease (IC): Ischemia and Myocardial Infarction |
La cardiopatia ischemica è una malattia determinata da un ridotto apporto di sangue al cuore per l'ostruzione o il restringimento dei vasi che nutrono il muscolo cardiaco, il miocardio. Questi vasi, chiamati arterie coronarie, sono soggetti, come altre arterie di vari distretti corporei, ad un processo di irrigidimento e di deposizione di grassi sulle pareti, fenomeno comunemente noto con il nome di aterosclerosi, che si sviluppa abitualmente con il trascorrere degli anni.
E' utile precisare la differenza esistente fra le due forme principali di tale malattia: l'angina pectoris e l'infarto del miocardio. L' angina pectoris è determinata da una "transitoria" riduzione del flusso di sangue arterioso al cuore, cioè da un apporto di sangue insufficiente alle richieste di quel preciso momento: ciò comporta uno stato di scarsa ossigenazione del territorio di miocardio irrorato dalle coronarie, noto come ischemia miocardica. Nella grande maggioranza dei casi tale evenienza si manifesta quando un vaso è parzialmente occluso da lesioni aterosclerotiche; in condizioni di riposo esse possono non ostacolare il normale funzionamento cardiaco, ma sotto sforzo o stress impediscono di soddisfare completamente le richieste di ossigeno del muscolo cardiaco. Nell'infarto miocardico si ha invece la totale chiusura dell'arteria coronarica, quindi un danno irreversibile della porzione di cuore interessata, con morte del tessuto corrispondente. |
Ischemic cardiomyopathy is a heart disease determined by a reduced blood supply to the heart caused by the blockage or the restriction of the blood vessels supplying the cardiac muscle, also called myocardium. These vessels, called coronary arteries, are subordinate, like other arteries of various parts of the body, to a process of stiffening and deposit of fat on the walls, a phenomenon usually known as atherosclerosis, which it habitually develops with the passing of time.
It is worthwhile clarifying the existing difference between the two main forms of this disease: the angina pectoris and the myocardium Infarction. The angina pectoris is determined by a temporary reduction of the arterial blood flow to the heart, which is, by an insufficient supply of blood to the needs of that exact moment: this provokes a state of poor oxygenation of the myocardial territory supplied by coronary arteries, known as myocardial ischemia. In most cases, this occurs when a vessel is partially occluded by atherosclerotic lesions; in resting conditions they might not jeopardize the normal cardiac functioning, but under stress or during exercise they prevent the complete satisfaction of the cardiac muscle oxygen demand. During the myocardial infarction, the coronary artery is completely clogged; therefore, the consequence is an irreversible damage of the affected heart portion, with the death of the myocardial tissue. |
Coronavirus |
Coronaviruses |
CARATTERISTICHE
I Coronavirus sono un gruppo di grossi virus sferici che presentano sull’involucro esterno distinte proiezioni a forma di grossolane bacchette di tamburo ampiamente intervallate tra loro. All’interno dell’involucro si trova l’RNA che costituisce il materiale genetico o genoma. Per moltiplicarsi sono obbligati a infettare le cellule e utilizzare le loro risorse. In genere le cellule muoiono e i giovani virus sono in grado di diffondere e infettare altre cellule. I Coronavirus, come altri virus, possono mutare, modificare cioè in varia misura in particolare il loro genoma. Le mutazioni sono casuali, quindi non sempre necessariamente favorevoli al virus. I danni che i virus producono all’uomo sono non solo il risultato della distruzione delle cellule, ma anche della reazione immunitaria/infiammatoria che innescano. Questa può a volte risultare di entità tale da ledere gravemente l’organismo. L’infezione virale, tuttavia, può non dare alcun evidente problema, sono situazioni relativamente comuni in cui si realizza un equilibrio, transitorio o permanente, tra uomo e virus. Si ritiene che i Coronavirus o almeno alcuni di essi, siano giunti all’uomo tramite uno Spillover (salto di specie), cioè un passaggio riuscito di un virus, di regola ospite di animali, all’uomo. Lo Spillover non è un evento naturale. Sono necessarie condizioni favorenti, quali promiscuità con fauna selvatica e animali domestici che fungono da ospiti intermedi, macellazione-vendita-consumo degli animali in contesti igienici severamente carenti, assenza o carenza di regolamentazione e controlli igienico-sanitari, deforestazione e cambiamenti climatici. I virus pericolosi per l’uomo, come i coronavirus, vengono studiati in “Laboratori biologici di alta sicurezza”. Lo scopo è quello di comprendere al meglio il loro funzionamento e quindi poter più efficacemente realizzare terapie e prevenzione. Vengono attuati, tra l’altro, esperimenti gain of function (guadagno di funzione) che comportano alterazioni dei virus per renderli più infettanti o ricostruzioni biotecnologiche dei virus. La possibilità che i virus possano “uscire” accidentalmente dai laboratori è altamente improbabile, ma possibile, sembra che ciò sia già accaduto più di una volta. |
FEATURES
Coronaviruses are a group of large roughly spherical viruses with unique sparse club-like surface projections resembling space-out drumsticks. The RNA, which is the genetic material or the genome, is found inside the viral envelope. For the viral replication to occur, coronaviruses are obliged to infect the cells and use their resources. Generally, cells die and the young viruses are able to spread and infect other cells. The Coronaviruses, as other viruses, can mutate, that is, they can modify to varying degrees, especially their genome. Mutations are random occur randomly and are thus not always beneficial to the virus. Not only is the damage that viruses cause to humans the result of cell death, but also of the immune/inflammatory which can at times be so severe as to greatly damage the organism. The viral infection may however cause no obvious symptoms: this is quite a common situation in which there is a temporary or permanent balance between humans and the virus. Coronaviruses or at least some of them, are thought to have been transferred to the human body through a Spillover (Cross-species), which means a successful shift of a virus hosted in animals to human beings. Spillover is not a natural event but relies on favouring agents such as promiscuity with wild and domestic animals which act as intermediary hosts, slaughter-sale-consumption of animals in poor hygenic contiditions, lack or shortage of sanitary control and rules, deforestations and climate change. Dangerous viruses for humans, like coronaviruses, which are dangerous for humans, are studied in high-security bio-labs in order to better understand their functioning and thus develop treatment and prevention more effectively. Moreover, these bio-labs carry out gain of function experiments which involve alterations (in the viruses) to make them more infectious or bio-technological virus recontruction. The possibility that viruses may accidentally leak from the labs is highly unlikely, but nevertheless possible; in fact, it seems that this has already happened more than once. |
TRADUZIONE LETTERARIA
Jeeves takes charge by P. G. Wodehouse |
Jeeves inizia a lavorare di P.G. Wodehouse |
Riguardo la questione del vecchio Jeeves, il mio domestico, lo conoscete, cosa c’è da dire? Molti pensano che io dipendo troppo da lui. Mia zia Agatha, in realtà, lo ha persino chiamato la mia guardia personale. Be’, che posso dire: perché no? Quell’uomo è un genio. Sa cavarsela da solo. Non ho neanche più provato a gestire i miei affari dopo una settimana dal suo arrivo, avvenuto sei anni fa, direttamente dopo quello strano caso di Florence Craye, del libro di zio Willoughby, di Edwin, il boy-scout.
La faccenda iniziò quando sono ritornato a Easeby, a casa di mio zio nello Shropshire. Sarei rimasto per una settimana circa, come facevo solitamente d’estate. Avevo dovuto interrompere la vacanza per ritornare a Londra per assumere un nuovo valletto. Avevo trovato Meadowes, che mi ero portato a Easeby, a rubacchiare le mie calze di seta, qualcosa che nessun brav’uomo avrebbe fatto a nessun prezzo. Inoltre, risulta che abbia rubato tante altre cose in casa, così sono stato costretto a cacciare via quel tizio e andare a Londra per chiedere a un’agenzia di cercarne un altro che io approvassi. Mi mandarono Jeeves.
Ricorderò per sempre il giorno in cui arrivò. La sera prima avevo presenziato a una cena piuttosto vivace, e mi sentivo un po’ frastornato. Come se non bastasse stavo cercando di leggere un libro che Florence Craye mi aveva prestato. Era stata invitata a soggiornare a Easeby, e due o tre giorni prima che me ne andassi c’eravamo fidanzati ufficialmente. Sarei dovuto ritornare il fine settimana, e sapevo che si aspettava che avessi finito il libro. Sapete, si prodigava particolarmente affinché mi avvicinassi sempre di più alla sua sfera intellettuale. Era una ragazza bellissima di profilo, ma molto risoluta nei suoi principi.
La faccenda iniziò quando sono ritornato a Easeby, a casa di mio zio nello Shropshire. Sarei rimasto per una settimana circa, come facevo solitamente d’estate. Avevo dovuto interrompere la vacanza per ritornare a Londra per assumere un nuovo valletto. Avevo trovato Meadowes, che mi ero portato a Easeby, a rubacchiare le mie calze di seta, qualcosa che nessun brav’uomo avrebbe fatto a nessun prezzo. Inoltre, risulta che abbia rubato tante altre cose in casa, così sono stato costretto a cacciare via quel tizio e andare a Londra per chiedere a un’agenzia di cercarne un altro che io approvassi. Mi mandarono Jeeves.
Ricorderò per sempre il giorno in cui arrivò. La sera prima avevo presenziato a una cena piuttosto vivace, e mi sentivo un po’ frastornato. Come se non bastasse stavo cercando di leggere un libro che Florence Craye mi aveva prestato. Era stata invitata a soggiornare a Easeby, e due o tre giorni prima che me ne andassi c’eravamo fidanzati ufficialmente. Sarei dovuto ritornare il fine settimana, e sapevo che si aspettava che avessi finito il libro. Sapete, si prodigava particolarmente affinché mi avvicinassi sempre di più alla sua sfera intellettuale. Era una ragazza bellissima di profilo, ma molto risoluta nei suoi principi.
Non potrei farvi una descrizione più dettagliata se non dicendovi che il libro che mi ha dato si intitola Tipi di teoria etica, e che quando l’ho sfogliato l’incipit di una pagina recitava così:
Il postulato o la comune interpretazione relativo al linguaggio è certamente coestensivo, nell’obbligo che porta con sé, all’organismo sociale il cui strumento è il linguaggio, e i fini del quale cerca di comprendere.
Tutto verissimo, ma sicuramente non è un argomento da propinare a un ragazzo reduce da una sbronza.
Ce la stavo mettendo tutta a leggere questo volumetto leggero quando suonarono alla porta. Mi trascinai dal divano e aprii la porta. In piedi c’era un tizio dall’aria rispettabile e scuro di carnagione.
“Mi ha mandato l’agenzia, signore,” disse. “Mi è stato comunicato che necessitiate di un valletto.”
Avrei preferito un becchino, ma gli dissi di entrare e avanzò con leggiadria e senza far rumore come una brezza leggera. Mi colpì sin dall’inizio. Meadowes aveva i piedi piatti e aveva un passo pesante. Sembrava quasi che questo tizio non li avesse nemmeno i piedi, tanto che fluttuò dentro casa. Aveva una faccia seria e comprensiva, come se anche lui sapesse cosa significasse passare una serata con gli amici.
“Mi scusi, signore,” disse con gentilezza.
Poi scomparì nel nulla. Lo sentivo maneggiare in cucina, e ritornò con un bicchiere su un vassoio.
“Bevete, signore,” disse in modo molto gentile, come se fosse il dottore della famiglia reale che fa bere il tonico al principe malato. “È una piccola preparazione di mia invenzione. È la salsa Worcester a darle il colore bruno scuro. L’uovo crudo la rende nutriente. Il peperoncino rosso le dà la piccantezza. Molti gentiluomini mi hanno riferito che l’hanno trovata estremamente rigenerante dopo una nottata brava.
Mi sarei aggrappato a qualunque cosa che avesse la forma di un salvagente quella mattina. Ho ingurgitato l’intruglio. Per un momento mi sono sentito come se qualcuno avesse disinnescato una bomba dentro questo vecchio corpo e mi stesse attraversando la gola con una torcia, poi tutto sembrò stabilizzarsi.
Il postulato o la comune interpretazione relativo al linguaggio è certamente coestensivo, nell’obbligo che porta con sé, all’organismo sociale il cui strumento è il linguaggio, e i fini del quale cerca di comprendere.
Tutto verissimo, ma sicuramente non è un argomento da propinare a un ragazzo reduce da una sbronza.
Ce la stavo mettendo tutta a leggere questo volumetto leggero quando suonarono alla porta. Mi trascinai dal divano e aprii la porta. In piedi c’era un tizio dall’aria rispettabile e scuro di carnagione.
“Mi ha mandato l’agenzia, signore,” disse. “Mi è stato comunicato che necessitiate di un valletto.”
Avrei preferito un becchino, ma gli dissi di entrare e avanzò con leggiadria e senza far rumore come una brezza leggera. Mi colpì sin dall’inizio. Meadowes aveva i piedi piatti e aveva un passo pesante. Sembrava quasi che questo tizio non li avesse nemmeno i piedi, tanto che fluttuò dentro casa. Aveva una faccia seria e comprensiva, come se anche lui sapesse cosa significasse passare una serata con gli amici.
“Mi scusi, signore,” disse con gentilezza.
Poi scomparì nel nulla. Lo sentivo maneggiare in cucina, e ritornò con un bicchiere su un vassoio.
“Bevete, signore,” disse in modo molto gentile, come se fosse il dottore della famiglia reale che fa bere il tonico al principe malato. “È una piccola preparazione di mia invenzione. È la salsa Worcester a darle il colore bruno scuro. L’uovo crudo la rende nutriente. Il peperoncino rosso le dà la piccantezza. Molti gentiluomini mi hanno riferito che l’hanno trovata estremamente rigenerante dopo una nottata brava.
Mi sarei aggrappato a qualunque cosa che avesse la forma di un salvagente quella mattina. Ho ingurgitato l’intruglio. Per un momento mi sono sentito come se qualcuno avesse disinnescato una bomba dentro questo vecchio corpo e mi stesse attraversando la gola con una torcia, poi tutto sembrò stabilizzarsi.
Bridget Jones's Diary by Helen Fielding |
Il diario di Bridget Jones di Helen Fielding |
Ore 23:50 Ho appena cenato con Tom all’Harvey Nichols Fifth Floor. Tom non smetteva di parlarmi di un certo Jerome, un regista freelance pieno di sé. Mi sono lamentata con lui di Daniel, che è stato tutto il giorno occupato con le riunioni e mi ha solo scritto "Ciao Jones, bella gonna" alle 16:30. Tom mi ha detto di non fare la paranoica, di dargli tempo, ma non mi stava per niente calcolando perché voleva solo parlare di Jerome e di quanto lo desiderasse.
Martedì 24 gennaio
Un giorno paradisiaco. Alle 17:30, come un dono dal cielo, Daniel è venuto nel mio ufficio, si è seduto sulla scrivania, dando le spalle a Perpetua, ha preso l'agenda e a bassa voce mi ha chiesto: "Sei libera venerdì?"
Sììì! Mille volte sììì!
Venerdì 27 gennaio
58,6 kg (ma piena di cibo genovese) alcolici 8, sigarette (ho come l'impressione di averne fumate 400), calorie 875.
Sono andata a un appuntamento da sogno in un intimo ristorante genovese vicino l'appartamento di Daniel.
"Mm... bene. Prenderò un taxi," dissi imbarazzata appena usciti dal ristorante. Lui mi scostò una ciocca di capelli dalla fronte, mi accarezzò la guancia e mi baciò. Un bacio disperato e frettoloso. Dopo un po' mi tenne stretta a sé e a bassa voce disse, "Non credo che ne avrai bisogno, Jones."
Martedì 24 gennaio
Un giorno paradisiaco. Alle 17:30, come un dono dal cielo, Daniel è venuto nel mio ufficio, si è seduto sulla scrivania, dando le spalle a Perpetua, ha preso l'agenda e a bassa voce mi ha chiesto: "Sei libera venerdì?"
Sììì! Mille volte sììì!
Venerdì 27 gennaio
58,6 kg (ma piena di cibo genovese) alcolici 8, sigarette (ho come l'impressione di averne fumate 400), calorie 875.
Sono andata a un appuntamento da sogno in un intimo ristorante genovese vicino l'appartamento di Daniel.
"Mm... bene. Prenderò un taxi," dissi imbarazzata appena usciti dal ristorante. Lui mi scostò una ciocca di capelli dalla fronte, mi accarezzò la guancia e mi baciò. Un bacio disperato e frettoloso. Dopo un po' mi tenne stretta a sé e a bassa voce disse, "Non credo che ne avrai bisogno, Jones."
Appena entrati nel suo appartamento ci siamo saltati addosso come animali, una scia di scarpe, cappotti, sparpagliati nella stanza.
"Non credo che questa gonna sia al posto giusto," mormorò. "Credo che il suo posto sia sul pavimento." Mentre mi sfilava la gonna sussurrò, "Ci stiamo solo divertendo, no? Non è niente di serio." Poi, dopo la lezioncina, continuò ad abbassarmi la zip. Se non fosse stato per Sharon e il lavaggio del cervello e il fatto che mi sono scolata una bottiglia di vino, credo che sarei già caduta tra le braccia. Invece balzai in piedi e mi alzai la gonna.
"Che stronzata," bofonchiai. "Come ti permetti a flirtare così falsamente, a essere un codardo e anche disfunzionale? Non sono interessata a essere fottuta nei sentimenti. Addio."
È stato liberatorio. Avreste dovuto vedere la sua faccia. Ma adesso sono a casa immersa nella disperazione. Avrò anche fatto la cosa giusta, ma lo so che il mio premio sarà rimanere tutta sola, sbranata da un alsaziano.
"Non credo che questa gonna sia al posto giusto," mormorò. "Credo che il suo posto sia sul pavimento." Mentre mi sfilava la gonna sussurrò, "Ci stiamo solo divertendo, no? Non è niente di serio." Poi, dopo la lezioncina, continuò ad abbassarmi la zip. Se non fosse stato per Sharon e il lavaggio del cervello e il fatto che mi sono scolata una bottiglia di vino, credo che sarei già caduta tra le braccia. Invece balzai in piedi e mi alzai la gonna.
"Che stronzata," bofonchiai. "Come ti permetti a flirtare così falsamente, a essere un codardo e anche disfunzionale? Non sono interessata a essere fottuta nei sentimenti. Addio."
È stato liberatorio. Avreste dovuto vedere la sua faccia. Ma adesso sono a casa immersa nella disperazione. Avrò anche fatto la cosa giusta, ma lo so che il mio premio sarà rimanere tutta sola, sbranata da un alsaziano.
The Gilded Ones by Namina Forna
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Le Immortali dal sangue d'oro di Namina Forna
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The Gilded Ones by Namina Forna
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Le Immortali dal sangue d'oro di Namina Forna
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The next week passes swiftly, a blur of howling snowstorms, freezing roads, and frightful nightmares. Even though I’m no longer in the cellar, I sometimes have dreams that the walls are closing in on me again, that the elders are approaching, knives and buckets in hand, gold-lust in their eyes. I wake up in the wagon crying, chest heaving
with great sobs, while Britta edges ever nearer, concern in her eyes. I know she would hold me if I let her, but I’m not ready to be touched by another person’s hands. Most days, I just feel like screaming until my throat collapses. Sometimes, when I wake, the furs covering me are in tatters. I've ripped them apart in my sleep, shredded the tough hides as if they were parchment. Even the strongest men in the village couldn’t manage such a feat. More confirmation I’m unnatural, the spawn of reviled demons rather than a child of humanity. It’s almost a relief when I look up after eight days of traveling to find we’re in Gar Melanis, the port city where we’ll board the ship to Hemaira. The entire city is smothered in darkness when we arrive—the ramshackle, soot-covered buildings crowd against each other, dim oil lamps brightening murky interiors. Our ship, the Salt Whistle, creaks at the dock, an aged, squat passenger vessel with graying sails and chipped blue paint on its sides. Wiry sailors dart across the snow-slick deck, settling passengers, hauling baggage and supplies. Families huddle together against the cold, mothers in their plain brown travel masks, fathers with miniature copies of the Infinite Wisdoms on their belts to ensure traveling mercies. The moment we board, I find a quiet corner and look up at the night sky. Bright green and purple lights are rippling across it: the Northern Lights, heralding the return of Oyomo’s chariot to its Southern home. It’s a sign: after all those weeks in the cellar, Oyomo has finally answered my prayers. I’m on my way to Hemaira, to my new life as a soldier in the emperor’s army—a life that will bring me absolution. Thank you, thank you… The prayer of gratitude circles my mind. “Enjoying the view?” White Hands is approaching, Britta and the equus at her side. As usual, there’s that look in her eyes, that amused smirk that’s always visible under the shadow of her half mask. It makes the skin on my arms prickle, an uneasiness I do my best to stifle. What if White Hands is lying? What if all of this is a trick—an underhanded plot to corral all our kind into the same place? I wouldn’t put it past her. I’ve never met anyone so secretive in my life, not even the priests. Britta and I have spent over a week in her company, and she still hasn’t told us her real name. We now call her White Hands outright, since she’s made no objections. I school my features and turn to her. “It’s beautiful,” I reply. “Isn’t it?” Britta is in such a hurry to join the conversation now that I’m talking, she doesn’t even pay attention to her surroundings as she walks over. “Almost reminds me of the sky in—ARGHH!” she yelps, tripping over a mound of netting, but she’s up in seconds, dusting herself off and smiling ruefully, not a hint of embarrassment to her. “Almost broke me neck. Lucky our kind is hard to kill, ain’t that right, White Hands?” she quips. The older woman shrugs. “Most alaki die very easily, actually,” she murmurs. Britta’s forehead wrinkles. “But wha about the gilded sleep?” she asks. “That happens only if it’s an almost-death.” It’s my turn to frown now. “An almost-death?” I ask, walking closer. I’ve never heard of such a thing. [...] |
La settimana successiva vola in un attimo, in un susseguirsi di tempeste di neve, strade ghiacciate, e incubi spaventosi. Anche se non mi trovo più nella cella, talvolta ho degli incubi e sogno di essere di nuovo rinchiusa tra quelle mura, sogno gli anziani che si avvicinano con coltelli e secchi alla mano e nello sguardo la loro fame d’oro. Mi sveglio in un fiume di lacrime, mentre Britta mi si avvicina preoccupata. Lo so che se le dicessi di abbracciarmi lo farebbe, ma non sono ancora pronta a farmi toccare da qualcuno.
Il più delle volte voglio solo gridare fino a non sentire più la gola. Talvolta al mio risveglio le coperte con cui mi copro per riscaldarmi sono ridotte a brandelli. Sono io che le strappo nel sonno, riesco a fare a pezzi perfino le coperte più resistenti come se fossero fatte di pergamena. Nemmeno l’uomo più forzuto del villaggio riuscirebbe nell’impresa. Questa è l’ennesima conferma che non sono naturale, che discendo da demoni ostracizzati e non sono certo una figlia dell’umanità. Quando alzo lo sguardo e vedo che ci troviamo a Gar Melanis, mi sento sollevata sapendo che siamo finalmente arrivati dopo otto lunghi giorni di viaggio. Gar Melanis è la città portuale da cui salperemo per raggiungere la capitale, Hemaira. Quando arriviamo l’intera città è risucchiata dall’oscurità – gli edifici diroccati e ammassati uno sopra l’altro sono ricoperti di fuliggine, i lampioni ad olio illuminano angoli tenebrosi. La nostra nave, la Salt Whistle, è attraccata al porto; è un’imbarcazione vecchia e scricchiolante con posti passeggero, le vele ingrigite e la pittura blu scrostata sui lati. Da una parte, i marinai atletici balzano da un punto all’altro sul pontile appena lucidato, mentre mostrano gli alloggi ai passeggeri e trasportano i bagagli e le provviste. Dall’altra, le famiglie si stringono insieme per combattere il freddo, le mamme indossano le maschere da viaggio marroni, i papà portano le copie tascabili dell’Infinita Saggezza riposte con cura nella cintura per ingraziarsi un viaggio tranquillo. Nel momento in cui ci imbarchiamo, mi rannicchio in un luogo appartato e guardo il cielo stellato. Luci di colore verde e viola acceso brillano nella volta celeste: sono le Luci del Nord, che annunciano il ritorno del carro di Oyomo nella sua casa a sud. È un segno: dopo tutte quelle settimane rinchiusa nella cella, Oyomo ha finalmente risposto alle mie preghiere. Adesso sono in viaggio per Hemaira, verso la mia nuova vita da soldatessa nell’esercito dell’imperatore – verso una vita che mi porterà all’assoluzione. Grazie, grazie infinite… Ringrazio Oyomo in silenzio. “Ti piace la vista?” Mani Bianche si avvicina, Britta e gli equus la seguono a ruota. Come sempre, ha quel sorrisetto divertito che traspare all’ombra della sua mezza maschera. Mi mette i brividi e cerco di reprimere al meglio il disagio che provo. E se Mani Bianche stesse mentendo? E se tutto questo fosse uno scherzo – uno stratagemma per radunare tutte le ragazze della mia specie nello stesso posto? Non mi sorprenderebbe. Non ho mai conosciuto nessuno così tanto riservato in vita mia, nemmeno i sacerdoti. Io e Britta abbiamo trascorso più di una settimana in sua compagnia eppure non ci ha ancora detto come si chiama. Ormai la chiamiamo Mani Bianche, dato che non si è mai lamentata. Mi ricompongo e mi giro verso Britta. “È bellissima,” rispondo. “Vero?” Britta si affretta a parlare dato che finalmente ho aperto bocca, è così eccitata che nell’avvicinarsi non fa caso a quello che le sta attorno. “Mi ricorda un po’ il cielo a—ARGHH!” grida, cadendo su una montagna di reti, ma si rialza in pochi secondi, si toglie la polvere di dosso e piega le labbra in un sorriso, non è nemmeno un po’ imbarazzata. “Per poco non mi rompevo il collo. Meno male che ce ne vuole per ucciderci, non è così, Mani Bianche?” scherza. Mani Bianche si stringe nelle spalle. “In realtà, la maggior parte delle alaki muore con molta facilità,” mormora. Britta la guarda perplessa. “E il sonno immortale invece?” chiede. “Quello succede solo se si tratta di una quasi-morte.” Adesso sono io a non capire. “Una quasi-morte?” le chiedo curiosa, mentre mi avvicino. Non ne ho mai sentito parlare finora. [...] |
CHOICES by Elizabeth Jennings |
SCELTE di Elizabeth Jennings
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Inside the room I see the table laid,
Four chairs, a patch of light the lamp has made And people there so deep in tenderness They could not speak a word of happiness. Outside I stand and see my shadow drawn Lengthening the clipped grass of the cared-for lawn. Above, their roof holds half the sky behind. A dog barks bringing distances to mind. Comfort, I think, or safety then, or both? I warm the cold air with my steady breath. They have designed a way to live and I, Clothed in confusion, set their choices by: Though sometimes one looks up and sees me there, Alerts his shadow, pushes back his chair And, opening windows wide, looks out at me And close past words we stare. It seems that he Urges my darkness, dares it to be freed Into that room. We need each other’s need. |
Una luce soffusa all’interno,
quattro sedie, la tavola apparecchiata li lega un profondo sentimento e non dicono una parola di felicità. La mia ombra si proietta sul prato allungando i fili d’erba ben curati. Lassù, il tetto regge metà del cielo alle sue spalle. I latrati di un cane mi riportano indietro. Stanno comodi, credo, o al sicuro, o tutt’e due? Il mio respiro riscalda l’aria fredda. Hanno pianificato la loro vita mentre io, vestita di confusione, congelo le loro scelte: anche se a volte lui alza lo sguardo e si accorge di me, risveglia la sua ombra, si alza dalla sedia e, spalancando la finestra, mi guarda e ci fissiamo oltre le parole. Sembra che inciti la mia oscurità, la sfidi a scatenarsi in quella stanza. Abbiamo bisogno dei bisogni dell’altro. |
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